La legge n. 190/2014, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 29 dicembre 2014, entrata in vigore il 1° gennaio 2015, all’art. 1, commi da 26 a 34, disciplina le novità operative relative alla possibilità di liquidare il trattamento di fine rapporto maturato mensilmente all’interno della busta paga mensile.
In concreto, il provvedimento consente al dipendente privato (escluso quello domestico, quello agricolo, nonché quello dipendente da imprese oggetto di procedura concorsuale e/o in crisi ex art. 4 della legge n. 297/1982), in forza da almeno sei mesi, per il periodo compreso tra il 1° marzo 2015 ed il 30 giugno 2018, di ottenere mensilmente la liquidazione in busta paga di quanto maturato nello stesso mese a titolo di TFR. Detta liquidazione va intesa alla stregua di un’integrazione della retribuzione mensile, non soggetta a contributi previdenziali (come è sempre stato il TFR), ma assoggettata a tassazione ordinaria (piuttosto che separata). Secondo la novella disposizione, è addirittura previsto che il lavoratore potrà chiedere che venga monetizzata anche la quota già destinata al fondo pensione; novità assoluta questa, specie se valutata con riferimento a quanto previsto nel D.L.vo n. 252/2005 circa l’irrevocabilità della scelta.
Disposizione complementare senz’altro gradita ai futuri usufruitori della novella opzione è quella secondo la quale detto TFR liquidato mensilmente non inciderà sul raggiungimento del limite reddituale per aver diritto al c.d. bonus Renzi di 80 euro/mese. Diversamente, meno gradita risulterà la disposizione secondo la quale una volta espressa la volontà di percepire nella busta paga mensile la quota di TFR mensilmente maturata, questa non potrà essere revocata fino al 30 giugno 2018.
In previsione delle possibili difficoltà finanziarie che detta disposizione potrebbe creare a talune imprese, la norma prevede che i datori di lavoro con meno di 50 dipendenti, che non intendano corrispondere immediatamente con risorse proprie la quota maturanda del TFR, potranno accedere ad un apposito finanziamento garantito da uno specifico fondo INPS. In detta circostanza, l’impresa potrà chiedere alla banca che aderirà alla convenzione ABI su base volontaria, di anticipare la somma in questione al lavoratore; detta somma, verrà restituita alla Banca alla fine del rapporto di lavoro con un tasso dell’1,5% oltre allo 0,75% del tasso di inflazione. In tali circostanze, la banca, in caso di insolvenza da parte dell’azienda, sarà garantita dal Fondo INPS (con controgaranzia dello Stato).
Inoltre, tra le disposizioni che dovranno rendere meno disagevole alle aziende la nuova disposizione, si registrano: l’esonero dal versamento del contributo mensile (0,20% e 0,40% per i dirigenti industriali) dovuto al fondo di garanzia INPS del TFR relativamente alle quote maturate e liquidate ai dipendenti in questione; la deducibilità fiscale dal reddito d’impresa di un importo pari al 6% del TFR liquidato; la deducibilità fiscale dal reddito d’impresa, per i datori di lavoro con 50 ed oltre dipendenti in forza, di un importo pari al TFR maturato.
Data rilascio: 16.1.2015