L’emergenza occupazionale determinata dalla pandemia ha indotto il legislatore ad intervenire ripetutamente sulla disciplina del contratto a tempo determinato contenuta nel cosiddetto Decreto Dignità (D.Lgs. 81/2015), attenuando provvisoriamente i vincoli posti a carico delle aziende. A tal proposito, in riferimento all’apposizione del termine nel contratto di lavoro, si ritiene utile rammentare l’ordinaria disciplina dettata dal Decreto Dignità, così come da ultimo modificato dall’art. 41 bis del cosiddetto Decreto Sostegni Bis (D.L. 73/2021, convertito in L. 106/2021), nonchè l’attuale disciplina in vigore con le deroghe a tale decreto.
La disciplina ordinaria in materia di proroghe e rinnovi stabilisce che il contratto può essere prorogato liberamente nei primi 12 mesi e, successivamente, solo in presenza delle causali di cui all’articolo 19, comma 1 del D.Lgs. 81/2015. Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 24 mesi, e, comunque, per un massimo di 4 volte nell’arco di 24 mesi. Diversamente il contratto a tempo determinato (ad eccezione dei contratti stagionali) può essere rinnovato solo a fronte delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1.
Alle seguenti causali previste dall’articolo 19, comma 1 del D.Lgs. 81/2015:
- esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività
- esigenze di sostituzione di altri lavoratori
- esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria
l’art. 41 bis del D.L. 73/2021, convertito in Legge 106/2021, ha individuato anche
- specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del D.Lgs. 81/2015 (contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria).
Con riferimento ai cosiddetti periodi cuscinetto la disciplina ordinaria prevede che, qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero entro venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato (sono esclusi i lavoratori impiegati nelle attività stagionali).
Tuttavia, come detto, sussistono delle deroghe alla disciplina ordinaria e al cosiddetto Decreto Dignità ed allo scopo le fonti normative in vigore sono contenute nell’articolo 17 del Decreto Legge 41/2021, nell’articolo 8 del Decreto Legge 104/2020 e nell’art. 41 bis del Decreto Legge 73/2021.
- Disciplina in vigore fino al 31 dicembre 2021
È possibile prorogare o rinnovare il contratto a tempo determinato, in deroga alle causali di cui all’articolo 19, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015:
– con atto intervenuto entro il 31 dicembre 2021 (come chiarito dall’Ispettorato nazionale del lavoro con nota n. 713 del 16 settembre 2020, la durata del rapporto potrà protrarsi anche nel corso del 2022, fermo restando il limite complessivo dei 24 mesi);
– per un periodo massimo di 12 mesi;
– per una sola volta.
È inoltre consentita la deroga ai c.d. “periodi cuscinetto” contenuta nell’ art. 21 del D.Lgs. n. 81/2015.
- Disciplina in vigore fino al 30 settembre 2022
Sarà possibile apporre al contratto a tempo determinato un termine di durata superiore a 12 mesi a condizione che il termine sia apposto in relazione al verificarsi di specifiche esigenze individuate dalla contrattazione collettiva di cui all’art. 51 del D.Lgs. 81/2015 (la durata complessiva resta in ogni caso non superiore a 24 mesi).
Con riserva di ulteriori aggiornamenti.
Data rilascio: 6.9.2021