Con l’interpello n. 2/2019 del 16 Aprile 2019, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito dei chiarimenti in merito al diritto alla pausa pranzo e alla conseguente attribuzione del buono pasto, ovvero alla fruizione del servizio mensa, da parte delle lavoratrici che usufruiscono dei riposi giornalieri “per allattamento”,di cui all’articolo 39 del Decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001 e successive modificazioni.
Nell’interpello l’INL ha preso in esame le seguenti disposizioni:
- L’art. 39 D.lgs. 151 del 2001 stabilisce che durante il primo anno di vita del figlio, la lavoratrice ha diritto a due periodi di riposo di un’ora ciascuno, anche cumulabili durante la giornata, quando l’orario lavorativo sia superiore alle sei ore; tali riposi devono altresì essere “considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro” (comma 2).
- L’articolo 8 del D.lgs. n. 66/2003 stabilisce che “qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo”.
Ciò premesso, nel caso in cui la lavoratrice sia presente nella sede di lavoro per 5 ore e 12 minuti, per la fruizione dei riposi giornalieri, l’INL si è chiesto se si debba procedere a decurtare i 30 minuti della pausa pranzo, come se la lavoratrice avesse effettivamente completato l’intero orario giornaliero (atteso che i riposi in questione sono considerati dalla legge come ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro).
In base all’analisi delle due disposizioni richiamate ed acquisito il parere del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’INL ha chiarito che, considerata la specifica funzione della pausa pranzo, definita dalla Legge come “intervallo”, è da escludere che una presenza effettiva della lavoratrice nella sede di lavoro pari a 5 ore e 12 minuti dia diritto alla pausa, ai sensi dell’articolo 8 del D.lgs. n. 66/2003. Conseguentemente, non si dovrà procedere alla decurtazione dei 30 minuti della pausa pranzo dal totale delle ore effettivamente lavorate dalla lavoratrice.
Il presente parere recepisce, peraltro, le indicazioni del Dipartimento della Funzione Pubblica che, con nota del 10 Ottobre 2012 (n. 40527), aveva già fornito risposta all’ISTAT e all’ARAN evidenziando che “il diritto al buono pasto sorge per il dipendente solo nell’ipotesi di attività lavorativa effettiva dopo la pausa stessa”.
Da ultimo, a puro titolo informativo, si fa presente che ad analoghe conclusioni è giunta anche l’Agenzia delle Entrate che ha fornito, in data 21 gennaio 2013, istruzioni ai fini della concessione del buono pasto ai propri dipendenti, individuando come presupposti imprescindibili l’effettuazione della pausa e la prosecuzione dell’attività lavorativa dopo la stessa.
Data rilascio: 6.5.2019