Con l’ordinanza 10065/2024, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la stipula di una conciliazione avente ad oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi, effettuata in sede aziendale ancorché con l’assistenza del rappresentante sindacale, non soddisfa il requisito normativamente previsto ai fini della validità delle rinunce e transazioni ivi espresse.
Il caso di specie riguarda un accordo sottoscritto tra le parti, recante la dizione “ai sensi degli artt. 410, 411 cpc e 2113, 4° comma c.c.”, nonché la precisazione che lo stesso era da “ratificarsi successivamente con le modalità inoppugnabili indicate dagli artt. 410 e 411 cpc”. Poiché nel corso del giudizio di merito è stato accertato che suddetta ratifica non è mai avvenuta, la Corte ha avuto modo di affermare che i luoghi selezionati dal legislatore per la stipula di accordi conciliativi hanno carattere tassativo, non ammettono equipollenti, in ragione della finalità di assicurare al lavoratore un ambiente neutro, estraneo al dominio e all’influenza della controparte datoriale. Per completezza di informazione, i luoghi cui la Corte fa riferimento (cc.dd. sedi protette) per gli accordi conciliativi derivanti da disposizioni inderogabili di legge, contratti o accordi collettivi sono tassativamente:
- la sede giudiziale (artt. 185 e 420 cpc);
- le commissioni di conciliazione presso l’INL (artt. 410 e 411, commi 1 e 2 cpc)
- le sedi sindacali (art. 411, comma 3 cpc);
- i collegi di conciliazione ed arbitrato (artt. 412 ter e quater cpc);
non annoverando l’ipotesi in cui tali accordi possano avvenire ad esempio in azienda, ancorché con la presenza/assistenza di un rappresentante sindacale.
Data rilascio: 10.5.2024