Con la sentenza n. 808 del 16 Gennaio 2020, la Cassazione ha stabilito che il datore di lavoro non può licenziare individualmente un dipendente per gli stessi motivi alla base della procedura di mobilità aperta poco prima e conclusasi con accordo sindacale non accettato dal lavoratore.
Nel caso de quo, dopo la procedura collettiva che prevedeva quale unico criterio di scelta la non opposizione al recesso, il datore di lavoro ha licenziato per giustificato motivo oggettivo un dipendente che, seppur in esubero, non aveva accettato l’accordo, motivando il recesso individuale con la soppressione della posizione lavorativa.
Nello specifico il tribunale aveva dichiarato nullo il recesso in quanto ritorsivo, mentre la Corte d’Appello ne ha escluso la nullità ma non l’illegittimità, dichiarando risolto il rapporto in base all’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, con condanna del datore di lavoro al pagamento della relativa indennità risarcitoria.
La Corte ha motivato la decisione di rigettare il ricorso proposto dall’azienda, che aveva l’obiettivo di vedere accertata la legittimità del licenziamento, precisando che il controllo sindacale della procedura di licenziamento collettivo perderebbe la sua effettività, se “all’esito della gestione procedimentalizzata dei motivi di riduzione del personale rappresentati nella comunicazione di avvio della procedura fosse consentito al datore di lavoro di ritornare sulle sue scelte attraverso ulteriori e successivi licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo sottratti al confronto sindacale”. La Corte ha altresì specificato che nel caso in cui “venga raggiunta un’intesa con le organizzazioni sindacali”, l’obbligatorietà del rispetto dell’accordo sindacale raggiunto “non può esaurirsi nel tempo all’atto di conclusione della procedura” poiché “gli impegni assunti vengono meno solo per effetto del modificarsi della situazione aziendale che costituisce il presupposto dell’accordo raggiunto”.
Data rilascio: 27.1.2020