Con la circolare 9/2023 del 9 ottobre 2023, il Ministero del Lavoro, sentito l’Ispettorato Nazionale del Lavoro e acquisito il parere dell’Ufficio legislativo, ha fornito le prime indicazioni sulle innovazioni più significative in tema di contratti a tempo determinato, introdotte dal cosiddetto Decreto Lavoro, D.L. 48/2023, così come modificato dalla legge di conversione n. 85/2023.
Con tale circolare vengono innanzitutto riepilogati i temi che il Decreto Lavoro non ha modificato in materia di contratto a tempo determinato, (disciplinato dai commi 19 e ss. del D.lgs. 81/2015):
- Resta inalterato il limite massimo di durata dei contratti a tempo determinato, pari a 24 mesi, fatte salve eventuali diverse previsioni dei contratti collettivi e la possibilità di un’ulteriore stipula di contratto a tempo determinato, della durata massima di 12 mesi, presso la sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
- Resta invariato il numero massimo di proroghe consentite nell’arco dei su indicati 24 mesi, pari a 4 proroghe.
- Resta fermo l’effetto della trasformazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato nei casi di violazione.
Diversamente, la circolare precisa che il Decreto Lavoro ha inserito importanti modifiche con riferimento alle condizioni che possono legittimare l’apposizione del termine al contratto di lavoro (cosiddette causali). Nello specifico sono state del tutto soppresse le condizioni in precedenza riferite ad esigenze temporanee e oggettive estranee all’ordinaria attività e ad esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria, poiché ad oggi sono previste le seguenti causali:
- casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51, D.lgs. 81/2015;
- in assenza delle previsioni dei contratti collettivi di cui all’articolo 51, D.lgs. 81/2015, nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
- sostituzione di altri lavoratori ad eccezione delle assenze per sciopero.
Con riferimento alla contrattazione collettiva ed al raccordo con la nuova disciplina, la circolare ha analizzato diverse ipotesi: a parere del Ministero se un accordo collettivo preesistente fa riferimento a fattispecie legali ormai abrogate (per esempio quelle del decreto Dignità), le relative clausole potranno ritenersi implicitamente superate dalla riforma, con conseguente possibilità di stipulare le causali individuali (ma solo fino al 30 aprile 2024); se, invece, un accordo collettivo individua dei casi di ricorso al lavoro a termine in attuazione del decreto Sostegni-bis, considerata la sostanziale identità di tale normativa con le nuove regole, la relativa disciplina collettiva resta valida e vincolante (e quindi non c’è spazio per la causali definite a livello individuale); allo stesso modo, restano utilizzabili le causali introdotte da qualsiasi livello della contrattazione collettiva, purché non si limitino a un mero rinvio alle fattispecie legali di cui alla previgente disciplina. Quanto alle esigenze sostitutive, il Ministero ha evidenziato che nulla è cambiato: resta infatti fermo l’onere per il datore di lavoro di precisare nel contratto le ragioni concrete ed effettive della sostituzione nonché il divieto di sostituire i lavoratori in sciopero.
Inoltre, la circolare ha precisato come il Decreto Lavoro sia intervenuto disciplinando con maggiore uniformità il regime delle proroghe e dei rinnovi, prevedendo che il contratto a tempo determinato può essere prorogato o rinnovato liberamente nei primi dodici mesi (fermo il limite massimo di proroghe previste) e, successivamente, solo in presenza delle su indicate causali.
Da ultimo, con la circolare vengono fornite indicazioni anche con riferimento alla norma transitoria ex comma 1-ter, art. 24 D.lgs. 81/2015, introdotta in sede di conversione del Decreto Lavoro. Tale previsione a parere del Ministero consentirebbe per i vecchi contratti a termine e di somministrazione, di azzerare il computo dei mesi di acausaltà, fruendo in tal modo di un nuovo periodo di 12 mesi. La circolare ha evidenziato che, per applicare il regime transitorio introdotto dalla legge di conversione, bisogna fare riferimento al momento in cui è stato stipulato il contratto di lavoro, se anteriormente al 5 maggio 2023 o a decorrere da tale data.
A parere del Ministero per tutti i contatti stipulati dal 5 maggio 2023, i datori di lavoro potrebbero liberamente fare ricorso al contratto di lavoro a termine per un ulteriore periodo (massimo) di 12 mesi, senza necessità di ricorrere alle causali, indipendentemente da eventuali rapporti già intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso dipendente in forza di contratti stipulati prima del 5 maggio 2023. In ogni caso, questa facoltà deve tenere conto che resta ferma la durata massima dei contratti a tempo determinato prevista dalla legge (24 mesi) o dalla contrattazione collettiva. Su tale ultimo punto è necessario rammentare che la circolare non è un atto avente forza di legge e dunque essa è senz’altro significativa in quanto orienta l’azione degli ispettori del lavoro ma allo stato non è possibile preventivamente ipotizzare come la giurisprudenza possa valutare tale stratificazione normativa, non essendo per i giudici vincolante il parere del Ministero.
Data rilascio: 12.10.2023