Ai sensi dell’articolo 6 della L. 142/2001, durante la gestione di un piano di crisi aziendale, nel quale la società cooperativa riduca i trattamenti retributivi, la contribuzione previdenziale e assistenziale può essere quantificata sulla base di un imponibile corrispondente alle somme effettivamente corrisposte ai lavoratori, rispettando il minimale contributivo ridotto previsto dall’articolo 1, comma 2, della legge 389/1989.
A precisarlo è l’INPS, con messaggio 2350/2022 dell’8 giugno 2022, pubblicato a seguito del parere 4576/2022 dell’ufficio legislativo del Ministero del Lavoro e diffuso dall’ Ispettorato nazionale del Lavoro con la nota 1089/2022.
Rammentiamo che, tra le altre disposizioni, l’articolo 6 della su citata L. 142/2001 stabilisce che il regolamento interno delle società cooperative deve in ogni caso contenere “l’attribuzione all’assemblea della facoltà di deliberare, all’occorrenza, un piano di crisi aziendale, nel quale siano salvaguardati, per quanto possibile, i livelli occupazionali” nonché “la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi”, di cui all’articolo 3,comma 2, lettera b) della medesima legge, con il divieto, per l’intera durata del piano, di distribuire eventuali utili, nonché la possibilità di prevedere “forme di apporto anche economico, da parte dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi, in proporzione alle disponibilità e capacità finanziarie”. Mentre l’articolo 4, comma 1, della L. 142/2001, prevede che ai fini della contribuzione previdenziale ed assicurativa si debba fare “riferimento alle normative vigenti previste per le diverse tipologie di rapporti di lavoro adottabili dal regolamento delle società cooperative”.
Con il messaggio dell’8 giugno 2022 l’Inps ha sottolineato come la temporanea riduzione dei trattamenti retributivi produce potenziali effetti anche sulla determinazione e quantificazione della contribuzione e con essa, sul minimale contributivo preteso dall’articolo 1 della L. 389/1989 in base al quale “la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo”.
Il combinato disposto dagli articoli 4 e 6 della L.142/2001 introduce una integrazione, di fonte legale, tale da permettere una deroga alla disciplina sui minimali contributivi. Ne deriva pertanto che, limitatamente al periodo di durata del piano di crisi aziendale, l’obbligazione contributiva possa essere quantificata sulla base di un imponibile corrispondente alle somme effettivamente corrisposte ai lavoratori, pur sempre nel rispetto del minimale indicato dall’articolo 1, comma 2, della legge 389/1989.
Sulla base della su indicata disamina, l’Inps invita le proprie sedi a riesaminare in autotutela il contenzioso in essere, precisando tuttavia che lo stato di crisi deve essere effettivo, di particolare gravità e straordinarietà e tale da compromettere la continuità aziendale, ma in ogni caso temporaneo e tale da imporre interventi correttivi – che non pregiudicano il ricorso anche agli ammortizzatori sociali – comunque limitati nel tempo.
Data rilascio: 10.6.2022